Inizio la giornata con la solita fila ai tornelli di Fiorenza. Ero già pronta a lottare per mantenere saldamente il mio posto in fila, quando si sono materializzati due vecchietti che mi sorpassano con nonchalance dicendomi che dovevano ripararsi dal sole, e si piazzano proprio sotto la tettoia vicino al metal detector. Anche questa mattina lo sparo di inizio della “corsa al padiglione” sopraggiunge inaspettatamente qualche minuto prima delle 10, e l’amorevole coppietta non approfitta della situazione entrando prima, ma addirittura aspetta con pazienza il proprio turno. E io che penso sempre male!
Mentre percorro il cavalcavia osservando la solita invasione giornaliera a Triulza, i due arzilli vecchietti mi superano con delle falcate da esperti maratoneti . Mi salutano augurandomi buona visita e continuano con passo svelto finché non li vedo sparire oltre la linea dell’orizzonte del decumano.
Prima destinazione: la rete del
BRASILE
che, incredibilmente è vuota. I miei occhi si riempiono di lacrime per l’emozione di essere arrivata prima, ma un addetto mi si avvicina infrangendo il mio sogno: la rete per il momento è chiusa e non si sa a che ora sarà fruibile. In quel momento immagino orde di brasiliani sbronzi di chacaça che ballano samba sulla rete fino a notte fonda.
Torno nella realtà e decido di rimettermi in gara, correndo veloce fino al padiglione degli
EMIRATI ARABI
Davanti a me, nessuno. Salto sul podio gioendo per la mia medaglia di bronzo (inutile dire che l’oro e l’argento sono stati vinti dai vecchietti che ho conosciuto all’entrata) ed entro senza fare file. La mia visita a questo padiglione ha un solo scopo: trovare un affascinante emiro e convolare a nozze. Trovo un probabile marito, ma lui non sembra per niente convinto della cosa, quindi alla fine, ognuno è andato per la sua strada e non si è concluso nulla.
Dopo aver zigzagato tra la sabbia arrivo nel clou del padiglione , il cinema, dove viene proiettato un filmato strappa lacrime su un’allegra famigliola che si impegna per salvare la palma di famiglia, tra ritorni al passato ed elicotteri che sorvolano la città. Quando il filmato sembra essere concluso si apre un’altra stanza dove la bambina protagonista, riprodotta con un ologramma, canta un improbabile rap ambientalista, in stile pubblicità anni ’90.
Per riprendermi dallo sgomento cerco un padiglione rilassante e senza code: entro così in
CINA
L’esterno è veramente bello, ma l’interno mi ha ricordato uno di quei vecchi musei pieno di reperti messi un po’ a casaccio. Mi aggrego ad un po’ di gente in fila, sperando che lì ci fosse l’attrazione principale del padiglione, ma non era così: la fila era dovuta ad una bilancia magica che era inspiegabilmente in grado di capire se si è in forma oppure no. La situazione non migliora quando salgo su una rampa e mi affaccio su una spianata di luci colorate che riproponevano i maggiori monumenti cinesi. Concludo la visita con un Green Bean Tea, praticamente un decotto di legumi con ghiaccio. Non proprio ottimo per fare colazione, ma meglio del succo di baobab del giorno precedente.
A farmi rifare la bocca ci pensano le hostess della
POLONIA
che mi offrono mele in tutte le forme e di tutti i gusti.
Dopo una breve passeggiata nel giardino all’italiana, vengo trascinata dal mio olfatto in un mondo fatto interamente di cioccolato, dove un trenino di fondente corre indisturbato.
Il vicino padiglione della
SLOVENIA
è praticamente vuoto così ne approfitto per entrare. Dopo aver camminato a piedi nudi sul sale
e aver visitato virtualmente le terme, esco con la Slovenia nel cuore e sulla maglietta, grazie ai simpatici adesivi che le hostess ti piazzano dovunque prima di entrare.
È tardi, ho la prenotazione delle torri alle 12, così con passo veloce raggiungo il padiglione della
SVIZZERA
Come uno dei loro celebri orologi, spaccando il minuto, mi fanno salire con un ascensore fino alle tanto decantate torri svizzere. L’idea è veramente interessante: tutto quello che prendi oggi, domani non sarà più disponibile. Passando attraverso le 4 stanze (sale, mele, caffè e acqua), sento i racconti delle guide sui primi mesi dopo l’apertura di Expo, quando la gente veniva a fare provviste e portava via tutto. Magari il sale o il Nescafè si possono anche lasciare lì, ma come resistere a quei bei bicchieri di plastica dura distribuiti nella torre dell’acqua? Magari meglio prenderne solo uno per famiglia, ma non azzardatevi ad andare via senza questo souvenir.
Dopo aver fatto cascare l’acqua come pioggia sui massicci montuosi e aver spiato la città di Zurigo, mi dirigo verso i cluster alla ricerca di cibo. La mia scelta ricade sul ristorante dell’Afghanistan, buono ed economico. Assolutamente da provare lo sharbat alla rosa e zafferano.
Sfrutto il buon senso delle persone e corro, sperando che questa volta ci sia qualcuno sveglio, verso il padiglione del
BRASILE
C’è veramente pochissima fila: come avevo immaginato, non a tutti piace rivivere il pranzo ballando sulla rete.
Appena salgo i miei sandali iniziano ad impigliarsi nelle maglie della rete, ma provo a procedere lo stesso a quattro zampe,rotolando, oppure con l’antica tecnica del “culo-a-terra”.
Intanto mi guardo intorno e osservo gruppi di vecchietti camminare come se fossero nella loro piazzetta preferita, bambini correre felici, strani individui accennare passi di danza. Praticamente l’unica che non sa camminare con leggiadria sulla rete sono io.
Vado al bar pensando di affogare i pensieri sulla mia goffaggine in una fresca caipirinha, ma la mia parte salutista ha la meglio e mi obbliga a prendere un frullato a base di goiaba e acerola.
Il sorriso mi ritorna sotto la rete, dove uomini inebetiti osservano le ragazze che passano sopra le loro teste con la gonna. Donne, se volete andare sulla rete abolite le gonne, oppure avremo centinaia di uomini tutti solo al padiglione del Brasile.
Dopo la vitalità dei brasiliani eccomi al tecnologico padiglione della
COREA
La guida ci tiene tantissimo ad insegnare ai visitatori il saluto coreano, e non si può andare avanti se non dopo aver ripetuto la parola magica almeno 5 o 6 volte. Mi immergo nel mondo fatto di cibi fermentati, hansik e grandi robot che giocano con degli schermi su cui viene proiettato un filmato.
La voglia di bere una buona birra si impadronisce di me e mi costringe ad andare velocemente nel padiglione del
BELGIO
Tra gioielli a forma di ravioli cinesi e innovative coltivazioni acquaponiche raggiungo il bar dove la mia kwak, con il suo bel calice, mi aspetta impaziente.
FRANCIA
Dopo aver zigzagato tra le piante aromatiche eccomi nel padiglione che potrebbe anche essere visitato a testa in giù. Infatti tanti oggetti strani pendono dal soffitto senza un’apparente motivazione, almeno per chi non legge i pannelli esplicativi.
I filmati proiettati sugli schermi posizionati sui camion sono molto interessanti: li ho visti tutti, peccato che non fossero proprio sincronizzati tra loro. Esco felice e contenta, immaginando la mia casa del futuro piena di funghi, coltivati da me e pronti da mangiare.
SANTA SEDE
Attraverso una piccola fenditura mi trovo nel piccolo regno del Vaticano, dove vengo accolta da un sontuoso arazzo fiammingo e da un gentile signore che mi spiega quanto poco è stato speso per la realizzazione di questa esposizione.
Non posso andare via senza aver visto gli altri cluster! Corro e riesco a vedere quello delle isole e quello bio mediterraneo, ma non sono rimasta molto soddisfatta: gli spazi di alcuni stati sembravano degli uffici turistici, altri dei veri e propri bazar, con tanto di ragazza che ferma i passanti per vendere i braccialetti.
Interessanti erano, invece, i pannelli esplicativi del cluster delle zone aride, tutti sul tema della mancanza di acqua e della desertificazione.
Torno nel caos del Cardo e la Coldiretti, con il suo aperitivo a prezzo sociale di 3 euro, mi costringe a fare un’altra pausa.
Tornando nei cluster, scovo il
WORLD EXPO MUSEUM
Non ne avevo mai sentito parlare! Piccolo ma interessante museo, spiega, a grandi linee, le precedenti esposizioni, gettando uno sguardo anche su Astana 2017 e Dubai 2020. Sulla mia agendina, nella sezione “un giorno, forse”,segno i monumenti dei precedenti expo che ancora non ho visitato.
Con il mio nuovo ventaglio blu vado a fare una passeggiata nel parco della biodiversità. Menzione d’onore va alla piantagione di Cannabis Sativa.
Ritorno ancora una volta verso il Cardo, prendo posto e osservo l’albero della vita animarsi e vivere ancora, trasformarsi in mille colori e parlare diverse voci, in questa mia ultima serata all’Expo.
Per l’album completo delle foto del mio secondo giorno ad Expo cliccate QUI
Se volete leggere il racconto del mio primo giorno ad Expo cliccate qui
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